Introduzione
In passato mi è capitato di sentire da fonti diverse che la ME/CFS avrebbe una fase iniziale più severa, seguita – in molti casi – da un progressivo miglioramento. Non ho mai verificato queste informazioni tutto sommato rassicuranti, e tutta la mia attenzione di questi ultimi anni è stata rivolta ai tentativi di descrivere e risolvere il mio caso personale. Sapevo infatti – dopo anni di malattia – che il paradigma di un miglioramento progressivo nel tempo non descriveva il mio caso e che non avrei potuto aspettarmi pertanto di godere di uno spontaneo e progressivo recupero, a meno che non avessi fatto qualcosa per provocarlo.
La ME/CFS non migliora nel tempo
Oggi mi sono imbattuto in uno studio sul decorso della ME/CFS appena pubblicato dal gruppo di Leonard Jason (DePaul University, Chicago, Illinois), in cui si riporta una indagine su 541 pazienti (americani, inglesi e norvegesi) dei quali si descrivono i sintomi in funzione del decorso della patologia (Stoothoff J et al. 2017). Dalla indagine emergono i seguenti 5 tipi di decorso, dal più comune al più raro:
- Decorso fluttuante: il 59,7% dei pazienti alterna periodi di miglioramento a periodi di peggioramento.
- Peggioramento progressivo: il 15.9% dei malati peggiora costantemente.
- Malattia stabile: il 14.1% dei malati ha sintomi stabili.
- Ricadute e remissioni: l’8.5% dei pazienti sperimenta guarigioni complete per poi riammalarsi di nuovo.
- Miglioramento progressivo: l’1.9% sperimenta un progressivo miglioramento della malattia.
Quello che emergerebbe dallo studio in parola è che la ME/CFS è sostanzialmente una malattia cronica, con periodi peggiori e periodi migliori. In una minoranza di casi (meno di un quinto dei malati), la malattia evolve verso un progressivo deterioramento. Esistono poi alcuni pazienti (e io ne conosco uno) che possono godere di remissioni, solo per ritrovarsi poi di nuovo a fare i conti con la malattia; ma si parla di meno del 10% di questa popolazione. Raro è invece il caso di un progressivo miglioramento (meno di due malati su cento). I pazienti di questo studio sono 541 (84% donne), e sono stati selezionati in 4 centri diversi. La selezione ha incluso solo persone con età maggiore o uguale a 18 anni. Per il resto il campione non è stato ulteriormente selezionato, quindi rappresenterebbe un gruppo di pazienti ME/CFS generico, con il limite però che si tratta essenzialmente di persone di origine caucasica, questo anche perché i pazienti sono stati selezionati in parte in Europa (Norvegia e Inghilterra). Non mi è del tutto chiaro il criterio usato per la diagnosi, anche se nella introduzione gli autori citano i criteri Fukuda, gli ICC e i criteri IOM.
Chi sta meglio?
Complessivamente i pazienti con il decorso di ricadute e remissioni e quelli in miglioramento progressivo sembrano raggiungere il livello di funzionamento migliore, rispetto alle altre tre categorie. Questi due gruppi hanno anche il minor livello di disabilità cognitiva, di intolleranza ortostatica e di post-exertional malaise.
Commenti
Secondo lo studio qui citato, la ME/CFS sarebbe una malattia cronica, in cui la possibilità di migliorare progressivamente è rara (meno del 2% dei casi) ma in cui sono possibili periodici miglioramenti (o addirittura remissioni), seguiti da peggioramenti. Le percentuali con i vari decorsi certamente si riferiscono solo a questo campione e possono essere estese alla popolazione generale solo come proiezione più o meno attendibile. Per esempio, in questo campione l’84% dei pazienti sono donne, mentre da uno studio precedente di Jason si evincerebbe che invece solo il 70% dei pazienti è donne (Jason LA et al. 1999). Il dato qui riportato secondo il quale il 65% dei pazienti è in disabilità, conferma invece tre lavori precedenti (Friedberg F et al. 1998), (Pendergrast T et al. 2016), (Jason L et al. 2015). Non so quanto sia rappresentativo questo campione, ma di sicuro è molto ampio. Un limite dello studio – a mio avviso – è che coloro che migliorano in modo consistente potrebbero non avere nessun interesse a partecipare a questo tipo di indagini (perché troppo impegnati a riconquistare la vita che la malattia aveva sottratto) venendo così sottorappresentati. Può darsi inoltre che escludere i pazienti con meno di 18 anni riduca la percentuale di persone che migliorano progressivamente. Tuttavia anche il primer del 2014 di Bateman e colleghi afferma che la malattia ha un decorso altalenante (Friedberg F et al. 2014), quindi in linea con i risultati di questo studio.
Paolo,
concordo appieno.
Pubblicato, citando fonte, su mio blog.
Ciao 👍
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Grazie!
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Grazie a te, sempre
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Questo articolo è poco rassicurante purtroppo, tuttavia è bene divulgare questo tipo di statistiche.
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Rassicurante non è, ma a mio modo di vedere non deve neanche esserlo. È una statistica, riporta la realtà, la fotografa.
Nel mio caso, come per te da quant’ho capito, lo fa in maniera (purtroppo) precisa.
Ad ottobre saranno 5 anni per me e concordo con le rare fasi remittenti (circa un mese complessivo nel mio caso, suddiviso in due periodi in coincidenza con i periodi più climaticamente temperati, giugno e settembre/ottobre) e le infinite fasi recidivanti. Chiarisco che il termine remittenti è improprio visto che trattasi di minimi, davvero minimi, e temporanei miglioramenti (o meglio ancora, come dico io, piccoli periodi in cui rispondo “Un po’ meno peggio del solito” alla usuale domanda “Come va? Come stai?”).
Rassicurazioni me le aspetto, anzi le spero, dalla ricerca.
Grazie sempre Paolo.
Ciao.
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Anche questo articolo è interessante e poco rassicurante. Ma è meglio sapere, e divulgare:
https://simianinthetemple.wordpress.com/2017/07/03/chronic-fatigue-syndrome-cfsme-and-multiple-sclerosis-ms/
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Me lo avevano segnalato. Davvero ben fatto, complimenti al blogger.
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Visto il sito dove l’ho trovato immagino sia stata Giada 😉
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Sì, esattamente. Vedo che frequentiamo le stesse compagnie 😉
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http://www.npr.org/sections/health-shots/2017/07/31/540565526/scientists-edge-closer-to-elusive-lab-test-for-chronic-fatigue-syndrome?utm_source=twitter.com&utm_campaign=health&utm_medium=social&utm_term=nprnews
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È un nuovo articolo questo link qui sopra, trovato oggi su twitter. Te l’ho mandato qui perché non sapevo come altro mettermi in contatto con te Paolo (io non più su FB solo Instagram e Twitter)
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Ciao, ti ringrazio per la segnalazione. Ho apena letto lo studio, che si trova qui:
http://www.pnas.org/content/early/2017/07/25/1710519114
Una introduzione a questo argomento, con risultati di studi precedenti, si trova in questo mio post: https://paolomaccallini.wordpress.com/2017/05/21/citochine-tgf-beta-1-e-mecfs/
Per scrivermi puoi andare al menù e selezionare “contatti”, ma va bene scrivere anche qui nei commenti.
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Ok grazie, ciao.
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Mi spiace che vengano date false speranze alle persone, soprattutto quando non ci sono ancora delle terapie veramente efficaci. E’ molto meglio essere realisti e combattere piuttosto che illudersi e risvegliarsi nella dura e cruda realtà. Almeno io la penso così.
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