Per una lettura veloce andare direttamente ai paragrafi 7 e 8.

1.Introduzione

Nei precedenti due articoli (qui e qui) sul lavoro pubblicato da Fluge, Mella e collaboratori (Fluge et al. 2016) abbiamo visto che:

  • qualcosa induce l’espressione di una serie di meccanismi che riducono la funzione del piruvato deidrogenasi, costringendo i pazienti ME/CFS a bruciare amminoacidi al posto dello zucchero. Ma dei sistemi di compenso intervengono per cercare di riportare il metabolismo energetico alla normalità, senza riuscirci. I sistemi di compenso sono diversi fra maschi e femmine, ma il difetto metabolico a monte è lo stesso nei due sessi.

Allo scopo di individuare la molecola (o le molecole) a cui ricondurre l’origine di questa disfunzione, il gruppo di scienziati ha preparato delle colture di cellule umane provenienti da muscoli scheletrici, e le ha esposte al siero di 12 pazienti ME/CFS e di altrettanti controlli sani. Le colture cellulari sono state poi sotToposte a due tipi di misure:

  1. il livello di consumo di ossigeno (OCR, oxygen consumption rate), che indica il livello di attività dei mitocondri;
  2. il livello di acidificazione dello spazio extracellulare (ECAR, extracellular acidification rate) che è una misura surrogata del livello di acido lattico prodotto.

Entrambi i parametri sono stati misurati sia in presenza di glucosio, che in presenza di amminoacidi. Nel complesso sono state fatte misure in quattro condizioni sperimentali.

2.Primi due esperimenti: amminoacidi e glucosio

Le cellule muscolari a riposo – esposte al siero dei pazienti – e coltivate in presenza di amminoacidi, presentano un consumo di ossigeno maggiore delle cellule esposte al siero di controlli sani (figura1, B.I). Aggiungendo il glucosio (figura 1, B.II), la situazione non cambia: ancora la respirazione delle cellule muscolari esposte al siero dei pazienti è maggiore di quella delle cellule muscolari esposte al siero di controlli sani. La sintesi di acido lattico non differisce fra le cellule esposte a siero di pazienti e cellule esposte a siero di controlli sani (figura 1, D.I e D.II).

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Figura 1. Consumo di ossigeno e nei quattro esperimenti (B) e sintesi di acido lattico (D).

3.Terzo esperimento: blocco dell’enzima ATP sintasi

Il blocco dell’enzima ATP sintasi, il quale si occupa di convertire ADP in ATP alla fine della catena respiratoria, riduce drammaticamente il consumo di ossigeno in entrambe le colture, ma quella con siero di pazienti è meno colpita (figura 1, B.III). Vale la pena ricordare che la subunità beta dell’enzima ATP sintasi è sovra espressa nei pazienti ME/CFS (vedi qui), e questo potrebbe essere legato all’effetto benefico del siero dei pazienti in questo esperimento. La produzione di lattato in questo esperimento è maggiore nelle cellule esposte a siero di pazienti (figura 1, D.III).

4.Quarto esperimento: blocco della catena respiratoria

I ricercatori hanno esposto le colture cellulari a una molecola (la CCCP) che inibisce la catena respiratoria. Come forma di compenso le colture cellulari aumentano drasticamente il consumo di ossigeno ma la coltura esposta al siero ME/CFS consuma più ossigeno (figura 1, B.IV) e produce più lattato (figura 1, D.IV).

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Figura 2. Sottrazioni fra misure effettuate negli esperimenti su coltura cellulare.

5.Sottrazioni

I ricercatori hanno poi effettuato i seguenti calcloli, i cui risltati sono riportati in figura 2:

  • consumo di ossigeno dell’esperimento II meno quello dell’esperimento III (figura 2, E);
  • consumo di ossigeno dell’esperimento IV meno quello dell’esperimento III (figura 2, E);
  • produzione di acido lattico dell’esperimento II meno quello dell’esperimento I (figura 2, F);
  • produzione di acido lattico dell’esperimento III meno quello dell’esperimento II (figura 2, F);
  • produzione di acido lattico dell’esperimento IV meno quello dell’esperimento II (figura 2, F).

6.Cosa ci dicono questi esperimenti?

Non è immediato dedurre il significato di questi esperimenti, almeno per me. Tuttavia possiamo dire quanto segue.

  • Il consumo di ossigeno delle cellule muscolari esposte al siero dei pazienti è maggiore di quello del gruppo di controllo (esperimenti I-IV), e questo è apparentemente in disaccordo con quanto risulta dai test ergosirometrici nella ME/CFS, in cui il consumo di ossigeno sistemico – per watt erogato – è minore nei pazienti (Vanness, 2007), (Snell, 2013).
  • Stressando chimicamente la catena respiratoria (esperimenti III e IV) la produzione di acido lattico aumenta nella coltura esposta a siero di pazienti più di quanto non aumenti nel contollo. Forse questo è il dato più interessante, che potrebbe rispecchiare un blocco nel piruvato deidrogenasi indotto dal siero dei pazienti nella coltura cellulare.

7.Conclusioni

Gli esperimenti in vitro di Fluge e colleghi dimostrano che nel siero dei pazienti ME/CFS è presente un fattore X (non noto) che:

  1. aumenta la capacità delle cellule di consumare ossigeno;
  2. aumenta la produzione di lattato in condizioni di aumentato fabbisogno energetico (simulate in provetta con inibitori della catena respiratoria).

La prima osservazione può indicare – secondo gli autori – la presenza di meccanismi di compenso attivati da messaggeri chimici contenuti nel sangue dei pazienti, che potenziano l’attività mitocondriale. La seconda osservazione sperimentale è in accordo con lo studio di Armstrong, che non rileva un aumento del lattato basale (Armstrong CW et al. 2015), e con osservazioni del gruppo norvegese (non ancora pubblicate) che indicano un aumento significatico di lattato dopo esercizio, rispetto ai controlli sani. L’aumento di lattato a seguito di esercizio è ciò che ci si aspetterebbe in presenza di un blocco del piruvato deidrogenasi. Quindi il fattore X (o i fattori?) contenuto nel siero dei pazienti è responsabile di due azioni, apparentemente opposte: da un lato potenzia i mitocondri, dall’altro fa aumentare la produzione di lattato. Questo potrebbe voler dire che:

  • nel siero dei pazienti è presente sia la causa dell’inibizione del piruvato deidrogenasi, che un fattore di compenso, che cerca di porre rimedio al difetto metabolico.

Questa è solo una delle interpretazioni possibili, ovviamente. Aggiungo che un aumento significativo del lattato dopo attività fisiche blande era stato segnalato in un precedente studio su un solo paziente, realizzato dal paziente stesso (Mark Vink 2015).

8.Un possibile test

Come abbiamo visto, nella ME/CFS il lattato basale sembra normale (Armstrong CW et al. 2015) e lo studio di Fluge e Mella – qui discusso – conferma questa dinamica anche con esperimenti in vitro. Tuttavia, a seguito di stress energetici, la produzione di lattato aumenta più di quanto ci si aspetterebbe normalmente, come già dimostrato da un paziente/ricercatore (Mark Vink 2015) e come evidenziato anche nello studio di Fluge e Mella, in vitro. Allora ho pensato che un possibile test in grado di rilevare questa dinamica metabolica potrebbe essere la misura di lattato e ammonio nel test da sforzo ischemico dell’avambraccio. In questo test viene fatta contrarre ripetutamente una mano del paziente (con una pallina morbida), essendo il flusso sanguigno bloccato con laccio emostatico. Dopo l’esercizio (che dura un minuto), diversi prelievi venosi vengono fatti nei successivi 10 minuti, con il laccio ancora stretto. Questi prelievi forniscono la produzione locale di lattato da parte dei muscoli scheletrici (Livingstone C et al. 2001). In figura 3 potete vedere l’esame di un paziente: il livello basale di lattato è perfettamente nella media, ma dopo 3 minuti la curva (in rosso) si discosta dal valore medio e sale oltre il valore massimo (anche se di poco). Questo tipo di andamento è coerente con quanto evidenziato in vitro da Fluge e Mella, e con la loro ipotesi sul piruvato deidrogenasi.

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Figura 3. Curva lattato, dopo sforzo ischemico dell’avambraccio. In rosso il livello di acido lattico del paziente, che da un valore perfettamente normale, sale superando il valore massimo (anche se di poco).

In questo test si misura anche l’ammonio, come verifica del fatto che il paziente si sia ‘impegnato’ nell’esecuzione dello sforzo. Infatti l’ammonio è un prodotto del metabolismo energetico (specialmente anaerobico), secondo le seguenti reazioni:

  1. 2ADP –> ATP + AMP
  2.   AMP –> IMP + NH3

9.Il cavaluccio marino

Le misure di cui ho parlato in questo articolo sono state effettuate con il dispositivo Seahorse XFe96 della Agilent. Questo apparecchio permette di misurare in tempo reale il metabolismo energetico cellulare (ad esempio di linfociti) attraverso una misura del consumo di ossigeno (che fornisce una stima semplice del funzionamento mitocondriale) e la produzione di protoni (che si può ritenere una misura della glicolisi), in varie condizioni sprimentali. Video esplicativo.

4 thoughts on “Mitocondri norvegesi, terzo atto: qualcosa nel sangue

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